Romana’s Pilates a New York, l’esperienza di Vale
Il mio primo incontro con il Pilates non fu a New York con la scuola Romana’s Pilates: risale alla seconda metà degli anni ‘90.
Nell’ambiente della danza si vociferava di questa misteriosa disciplina che proveniva dagli Stati Uniti e, mediante una serie di esercizi mirati eseguiti sia a corpo libero che con attrezzi, prometteva miracoli: forza, flessibilità e controllo, doti fondamentali per tutti i danzatori…
Gli unici studi ove era possibile praticare erano a Milano, ma c’era parecchia confusione.
In uno studio il Pilates era considerata una sorta di fisioterapia o riabilitazione per la schiena, mentre nell’altro la clientela era composta principalmente da ballerini.
Si praticavano esercizi mirati su attrezzi, eppure fin dalle prime lezioni l’idea che avevo avuto era di un qualcosa di statico.
Negli anni successivi avrei avuto modo di ricredermi e comprendere quanto invece questa disciplina fosse dinamica e fluida, ma soprattutto talmente versatile da potersi adattare a qualsiasi corpo.
Studiare Pilates a New York
Sbarcata a New York nel 1999, iniziai subito a fissare qualche lezione di Pilates.
In quegli anni la disciplina del Pilates era prerogativa del Pilates Guild, l’associazione mondiale che raggruppava tutti gli insegnanti del globo. Nessun livello li distingueva, già solo il fatto di essersi formati nella migliore scuola del mondo era un privilegio e tanto bastava.
Ai vertici c’era Romana Kryzanowska, allieva diretta di Joseph Pilates e sua erede designata del metodo.
L’offerta formativa spaziava fra diverse tipologie di seminari. Alcuni erano spalmati in differenti periodi dell’anno e si dividevano in basico, intermedio ed avanzato; altri invece concentravano in poche settimane l’intero Sistema, oppure davano l’opportunità di fare tirocinio esclusivamente con Romana.
In Europa non esistevano centri di formazione, avrebbero aperto solo successivamente in Spagna e in Olanda.
Il Pilates di Romana
La palestra Drago’s, regno indiscusso di Romana, della figlia Sari e della nipote Daria, era il cuore pulsante del Pilates.
Qui convergevano studenti da ogni angolo del pianeta che, mescolati ai normali clienti, davano vita ad una babele piena di energia e vivacità. Si parlavano almeno 10 lingue diverse e il tutto era diretto dall’occhio vigile di Romana. Fu amore a prima vista!
Tutta quella staticità che avevo conosciuto in Italia a New York non esisteva: gli esercizi avevano una logica sequenza e connessioni, erano fluidi con un ritmo ben preciso, legati fra loro come in una danza. Era il Pilates tradizionale, quello vero.
Fu stupefacente vedere performare fianco a fianco un super avanzato e un principiante; corpi differenti, età differenti.
Il lavoro era efficace e funzionale per tutti. Ciascuno a modo suo, tutti ottenevano risultati.
Le lezioni di Pilates di Romana erano straordinarie per l’attenzione che aveva per ciascun corpo, che avesse 80 anni oppure 20.
L’energia che metteva con ogni cliente era la stessa indipendentemente dal livello, con lei tutti lavoravano al massimo delle loro capacità.
La più grande differenza che avevo sperimentato rispetto all’Italia era l’utilizzo delle mani, del tono della voce e l’occhio allenato a cogliere il dettaglio. Il tutto senza mai perdere il movimento; tutte le correzioni erano eseguite in movimento.
Imparare ad insegnare
L’accesso alla scuola di formazione di Romana era determinato dall’Evaluation test, un esame pratico dove eseguire gli esercizi. Vi si poteva accedere solo dopo un minimo di 75 ore di lezione.
Dopo il/i seminari (in base alla tipologia scelta) iniziava il tirocinio che aveva un obbligo minimo di 600 ore. Ogni 200 ore si poteva accedere agli esami: basic solo pratica, intermediate pratico e scritto (con analisi di casi con patologie e relative modifiche), avanzato pratico e scritto. L’iter di formazione all’insegnamento del pilates era un po’ diverso da oggi.
Il primo scoglio fu senza dubbio la lingua, insegnare in inglese e scrivere mi preoccupava parecchio. In più, non essendo madrelingua, avevo il timore di non cogliere tutte le sfumature di ogni esercizio. Solo nei mesi a venire compresi che in realtà era molto più semplice insegnare in inglese, frasi più brevi e incisive, terminologia già codificata da tempo.
Con un inglese un po’ zoppicante, mi concentrai principalmente sulle correzioni manuali, quelle almeno erano universali.
Mi insegnarono a non parlare troppo, a non toccare troppo, a non forzare o spingere eccessivamente nello stretching. Intanto il mio inglese migliorava rapidamente. Dopo qualche mese riuscii ad avere il tono di voce giusta e a padroneggiare la terminologia.
Romana e Sari chiedevano spesso agli studenti stranieri di insegnare il Mat nella loro lingua, non era importante se nessuno capiva nulla, se il ritmo era giusto, tutti si muovevano ugualmente e correttamente.
Tra il 1999 ed il 2001 feci la spola fra l’Italia e New York, prendendo lezioni, studiando, praticando con gli altri studenti, facendo esami.
Il mattino la formazione si svolgeva a Drago’s Gym, il pomeriggio ci si spostava nell’Upper West Side.
La palestra Drago’s diventava un luogo silenzioso e tranquillo senza Romana.
A supervisionare lo studio era Edwina, suo braccio destro, ex danzatrice ottuagenaria di grande esperienza.
Insegnare in Italia
Nel giugno 2001 ottenni finalmente il mio diploma, pronta per rientrare in Italia. Al mio ritorno lo scoglio più grande che dovetti affrontare fu proprio il riappropriarmi della mia lingua, trovare i termini efficaci che potessero rendere bene come in inglese, e c’è voluto parecchio tempo.
Soffrivo il fatto di essere da sola e isolata. Lavorare con clienti nuovi era ben diverso che lavorare con studenti o persone che praticano da anni; un centro di formazione è differente da uno studio normale
Ho quindi viaggiato per anni in America e in Europa per continuare la mia formazione sia per rinfrescare la memoria che per restare aggiornata.
Dal 2002 Pilates Guild non esiste più. Molti insegnanti si sono affrancati per aprire a loro volta i loro centri di formazione, fino a frammentarsi sempre di più soprattutto dopo la morte di Romana.
Per fortuna oggi il Metodo Tradizionale è stato ampiamente sdoganato in Italia e sono tanti gli eccellenti insegnanti e formatori che esistono sia in Italia che in Europa.
Mi reputo molto fortunata per avere avuto l’opportunità di studiare e formarmi in quegli anni con tanti di loro e fra tutti con la stessa Romana.
Dopo questi primi vent’anni da insegnante penso che la strada sia ancora lunga e che non si finisca mai di imparare qualcosa in più di questa straordinaria disciplina, approcciandosi ad essa con umiltà e curiosità.
Forse è questo il segreto per svolgere bene questo lavoro, forse no… Ve lo dirò fra altri vent’anni.
[Valentina]